
L’arrivo dei primi schiavi africani sulle coste brasiliane tra il XVI e il XIX secolo, deportati come forza-lavoro, ha portato alla nascita di una pratica di resistenza che ha preservato l’identità e insegnato a riconquistare la libertà, rimanendo sempre in movimento. Quando gli schiavi africani giunsero in Brasile nel XVI secolo, si resero conto di avere pochissimo in comune con quel nuovo continente e le persone che lo abitavano. Strappati dalle loro origini dai colonizzatori portoghesi, furono deportati dalle coste dell’Africa occidentale fino al porto brasiliano di Salvador de Bahia, destinati a essere venduti come schiavi e successivamente costretti a lavorare nelle miniere e nelle piantagioni. Trovare un punto di contatto per ricreare una comunità e preservare la propria identità divenne quindi un bisogno fondamentale,
In questo contesto si sviluppò la Capoeira, una disciplina che unisce la danza e le arti marziali al ritmo della musica. Nel corso dei secoli, questa pratica è stata un modo per preservare le tradizioni africane al di là della deportazione e dell’oppressione, diventando uno dei simboli della cultura brasiliana. Bandita nel XIX secolo perché considerata pericolosa e potenzialmente sovversiva, in epoca moderna è stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità, autentica testimonianza di un’identità composita, ricostruita a partire dalle proprie radici.
Le origini della Capoeira risalgono al XVII secolo, quando le potenze coloniali europee, iniziarono a organizzare il commercio atlantico degli schiavi. Le condizioni ambientali e le faticose giornate di lavoro spinsero molti schiavi alla fuga o alla ribellione, ma per farlo era necessaria una strategia di difesa e quindi una preparazione fisica adeguata. Gli schiavi iniziarono ad allenarsi all’ombra delle foreste o durante le pause tra i turni di lavoro. Per non farsi scoprire, i colpi venivano mascherati attraverso movimenti fluidi che ricordavano una danza dinamica, “un gioco africano”, per ingannare gli oppressori facendo loro credere che fosse solo un innocuo passatempo. Questo consentì ai potenziali fuggitivi di addestrarsi costantemente per essere pronti a scappare o a reagire.
Le teorie più accreditate collegano la Capoeira alla danza n’golo, nota anche come “danza della zebra” perché alcuni passi richiamano i movimenti di questo animale. Si tratta di un rituale di passaggio all’età adulta destinato ai giovani uomini, in cui due sfidanti si affrontano con l’obiettivo di far cadere l’avversario con calci e colpi sferrati a breve distanza dal suolo. Il tutto è scandito dal battito delle mani e dalle percussioni, creando un sottofondo musicale dal ritmo quasi ipnotico.
Gli stessi elementi si ritrovano nella Capoeira, dove due uomini (capoeiristas) si sfidano all’interno di uno spazio circolare (roda) formato da altri partecipanti e osservatori. L’equilibrio si basa sulla “ginga”, il passo fondamentale di tutta la pratica: la chiave è rimanere sempre in movimento per evitare di essere colpiti dall’avversario. I passi sono accompagnati da una musica ritmica suonata con strumenti derivati dalla tradizione dell’Africa occidentale. Il più importante di tutti è il berimbau, uno strumento a corda formato da un lungo bastone ricurvo con estremità collegate. Ispirato a un arco da caccia, è considerato lo strumento a percussione più antico di tutti, con le prime raffigurazioni che risalgono a circa 17.000 anni fa.
Coltivata come un passatempo tutt’altro che innocuo, la Capoeira divenne presto una vera e propria pratica di autodifesa per coloro che riuscirono a sfuggire al controllo dei proprietari terrieri. A partire dal XVII secolo, si formò nel cuore della foresta amazzonica un arcipelago di piccole comunità indipendenti chiamate quilombos, dal termine angolano Kimbundu. Queste comunità divennero il simbolo della lotta contro l’oppressione. Il termine Capoeira deriverebbe proprio dall’unione delle parole ka’a (foresta) e puera (che fu),
Fino alla fine del XVII secolo, i quilombos rappresentarono un forte simbolo di resistenza all’oppressione europea. Dalla metà del XIX secolo, quando la schiavitù fu abolita in Brasile nel 1888, la pratica della Capoeira venne annunciata bandita dal governo brasiliano per timore che portasse rivolte popolari.
Oggi sappiamo che Capoeira è una pratica fedele nel tempo allo spirito tradizionale, che nonostante le influenze esterne è riuscito a mantenere quasi inalterata la propria identità culturale.
Articolo scritto da Maria Francesca Pani